Quando si pensa a marchi come Gucci, Balenciaga o Alexander McQueen, la mente corre subito a passerelle scintillanti, borse iconiche e capi esclusivi. Ma la recente vicenda che ha visto coinvolto il gruppo Kering, proprietario di questi brand, ci ricorda che anche il mondo del lusso può essere vulnerabile, e non solo agli sguardi indiscreti dei paparazzi. Stavolta, l’attacco non ha riguardato le boutique o i magazzini, ma i dati dei clienti.
A condurre il colpo è stato il gruppo di hacker Shiny Hunters, già noto per altri colpi di alto profilo. L’attacco, avvenuto ad aprile 2025, ha compromesso circa 7,4 milioni di indirizzi email, insieme a numeri di telefono, indirizzi di residenza e dettagli sugli acquisti. Per i clienti top spender, questi dati rappresentano un ritratto preciso delle loro abitudini e del loro potere d’acquisto, una miniera d’oro per truffe mirate e pishing sofisticato.

Si potrebbe pensare che il fatto che non siano stati rubati numeri di carta di credito o informazioni bancarie riduca il rischio. Ma sarebbe un’illusione pericolosa. La violazione dimostra come anche le informazioni apparentemente “innocue” possano essere sfruttate per attacchi mirati, inganni digitali e persino tentativi di furto d’identità. Nel mondo digitale, la privacy è fragile e la fiducia dei clienti è un bene tanto prezioso quanto un capo haute couture.
Ciò che sorprende, e inquieta, è la tempistica. Kering ha scoperto l’intrusione solo due mesi dopo l’attacco e ha reso pubblica la notizia ancora più tardi. Questo ritardo rivela un problema strutturale: la gestione dei dati non può limitarsi a proteggerli fisicamente, ma deve includere monitoraggio costante, prontezza nella risposta e trasparenza. Nel lusso, la reputazione è tutto, e nulla minaccia più velocemente un brand della percezione di trascuratezza verso i propri clienti.
Il caso Kering non è isolato. Altri giganti del lusso come LVMH e Richemont hanno subito violazioni simili, segno che il settore nel suo insieme è vulnerabile. È un campanello d’allarme: mentre le boutique sono fortificate e le passerelle sono blindate, i sistemi informatici e i database dei clienti rimangono spesso il tallone d’Achille. La sicurezza digitale non può più essere un ripensamento; deve diventare parte integrante della filosofia di lusso.
In definitiva, questa vicenda insegna che il vero lusso nel 2025 non è solo estetica o esclusività. È la garanzia di sicurezza, la certezza che le informazioni personali non diventino merce di scambio. Kering, così come tutti i brand di alta gamma, deve capire che la fiducia dei clienti non si compra in boutique: si costruisce ogni giorno, proteggendo ciò che per loro ha più valore – i loro dati, la loro privacy, la loro identità digitale.
Perché un abito esclusivo o una borsa firmata possono essere sostituiti, ma la fiducia violata è molto più difficile da riconquistare.


